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Problemi di inclusione? Parliamone!

Inclusione e diversità

Inclusione e diversità

Le parole hanno un valore: eccome se lo hanno!

Esattamente, se pensiamo ad esempio ai cartelli stradali, di fatto le parole sono delle vere e proprie mete, è per questo che si sta cercando di introdurre delle forme neutre nell’italiano scritto e parlato. Soprattutto in quei contesti in cui si presta particolare attenzione al genere. Si sta facendo per essere più inclusivi con le persone che presentano caratteristiche che non si possono categorizzare in uno dei due generi, il femminile ed il maschile. Un problema di non facile soluzione, visto che l’italiano come quasi tutte le lingue del mondo, privilegia il maschile.

Come funziona all’estero?

Dall’asterisco “Car* tutt*, siamo qui riunit*”, detto asterisco «egualitario», che ha il grande neo di non essere pronunciabile (e quindi penalizza gli ipovedenti)
Alla doppia forma: “Care tutte e cari tutti, siamo qui riunite e riuniti”… etc.
Ma nulla di definitivo, esperimenti appunto. Oggi è il turno dello Schwa. Un altro sforzo mirato ad una aggiunta. Non ad una sostituzione!

Cos’è allora questo Schwa!

Lo Schwa è prima di tutto è un’esigenza presente nell’alfabetico fonetico internazionale (AFI)), è quel suono, quella vocale, che emettiamo quando pronunciamo parole come people (/’piːpəl/), again (/ə’gen/), woman (/’wʊmən/). Ma è un suono che troviamo anche qui in Italia, nei nostri dialetti: ad es. nel napoletano mammǝtǝ, così come al nord, a Torino ad es., dove è chiamata terza vocale.

Lo scopo dello Schwa è quello di non fare differenza!

La sua natura ed il suo intento sono quelli di non fare differenza: lo Schwa infatti è una specie di mélange tra le vocali a ed e. Esiste per il singolare (ǝ) e per il plurale (з). E come ha scritto Luca Boschetto, un attivista fra i primi a suggerire l’utilizzo dello schwa nell’italiano scritto: lo schwa graficamente assomiglia ad una forma intermedia tra una “a” e una
“o”», cioè le due vocali con cui in italiano identifichiamo con maggiore frequenza il genere femminile e quello maschile.

Un po’ di  sociolinguistica

Tutto sembra essere iniziato quando ci è resi conto del limite delle lingue come quella italiana, che è una bellissima lingua che ma non ha il neutro. Per questa ragione usiamo il maschile in presenza di una moltitudine mista e diciamo “Tutti” anche se nel gruppo ci sono 9 donne e un solo uomo. Benché per la maggior parte delle persone questa regola non sia un problema, qualcuno oggi si sente in qualche modo escluso ed è per questo che oggi si pensa alla Schwa: la vocale media per eccellenza, particolarmente adatto quindi ad indicare una non distinzione di genere.

Ma che succede nel resto del mondo?

Il problema della incisività non è solo italiano. In questo stesso momento anche nei paesi anglosassoni, così come in Spagna, in Germania, etc. sono in cerca di soluzioni inclusive. In alcuni paesi, come in Svezia, le stanno istituzionalizzando.

Lo Schwa sarà un’imposizione?

Questo non lo sappiamo! Del resto un’imposizione dello Schwa non sarebbe tollerabile
Sappiamo di certo che la lingua è come un laboratorio dove ogni giorno nascono lettere, parole nuove (non solo inglesi) e modi di dire… Il posto ideale dove sperimentare quindi. E questo vale anche per le vocali che hanno a che fare con parità, inclusione e rappresentanza. Chiedersi se e quando funzionerà è prematuro. Negli ultimi mesi se ne sta parlando molto e questo è già un esercizio di inclusione.

Iniziare a usare una nuova vocale ci complicherà la vita?

Si potrebbero includere allora altre alternative, ad esempio partendo da quello che abbiamo già, come nei documenti di autocertificazione invece del solito ‘Io sottoscritto…’, potremmo usare ‘La persona qui sottoscritta.
Ma la vera domanda è: siamo proprio sicuri di averne davvero bisogno? Nel pensare a chi si può sentire escluso da una “a” o da una “o”, non stiamo dimenticando tutti coloro che in quella “a” o in quella “o” si identificano

Redazione LaSaluteDelleDonne